Global Risks Report 2020: le tematiche ambientali scalano la classifica dei rischi globali

E’ il cambiamento climatico la maggiore preoccupazione per il presente e futuro del nostro pianeta, soprattutto fra i più giovani.
Roberta Marracino di Zurich Italia commenta la quindicesima edizione del report, con un focus sul nostro paese.
E’ stato presentato a Londra lo scorso 15 gennaio il Global Risks Report 2020 – l’indagine annuale realizzata dal World Economic Forum in collaborazione con Zurich Insurance Group e Marsh & McLennan, che offre una panoramica sui principali rischi percepiti a livello globale per il 2020 e nel decennio successivo.
Abbiamo incontrato Roberta Marracino, Head of Market Management and Business Innovation di Zurich Italia, per farci raccontare i principali risultati di questa edizione. “Il primo aspetto che notiamo è come, per la prima volta nella storia del Report, tutte le prime cinque posizioni della classifica sui rischi nei prossimi dieci anni siano occupate da temi legati all’ambiente, con livelli di preoccupazione molto elevati nella fascia più giovane della popolazione, superando addirittura i timori riguardanti le armi di distruzione di massa. Eventi metereologici estremi, cambiamenti climatici, crisi idriche e impoverimento della biodiversità – prosegue Marracino –hanno superato nel 2020 le preoccupazioni legate agli attacchi cyber e all’instabilità sociopolitica. Particolarmente rilevante risulta la perdita di biodiversità, valutata come secondo rischio per impatto e terzo per probabilità nei prossimi dieci anni. Un dato che deve far riflettere perché porta con sé implicazioni enormi sull’umanità, dal collasso dei sistemi nutrizionali e sanitari all’alterazione di intere catene alimentari”.
Il Global Risks Report si basa su un’indagine condotta tra circa 1000 membri della community
del WEF, che include sia membri senior, sia una componente più junior.
Per le generazioni più giovani (quelle nate, cioè, dopo il 1980), lo stato del nostro pianeta è il dato più allarmante: quasi il 90% dei giovani ritiene che le variabili “ondate di calore estremo”, “distruzione degli ecosistemi” e “salute colpita dall’inquinamento” peggioreranno nel 2020 (rispetto al 77%, 76% e 67%, rispettivamente, per le altre generazioni). Le nuove generazioni ritengono inoltre che l’impatto dei rischi ambientali entro il 2050 sarà più catastrofico e più probabile.
I rischi ambientali –intesi come incidenti con conseguenze negative sull’ambiente– risultano in cima alle preoccupazioni degli imprenditori anche dall’Osservatorio Cineas-Mediobanca sulla diffusione del risk management nelle medie imprese italiane.
E nel nostro paese?
Il 12,4% della popolazione e il 15,3% delle imprese italiane è a rischio alluvione. Il nostro paese è considerato tra quelli maggiormente esposti al rischio inondazione, insieme a Germania e Francia, ed è considerato pericolosamente a rischio siccità nell’area Mediterranea, insieme a Grecia e Portogallo. La reiterata assenza di politiche mitigative di questi fenomeni condurrà a una situazione ben più critica di quella attuale.
“Nel 2019, in Italia – aggiunge Marracino – si sono verificate 1.500 calamità naturali di diversa tipologia ed entità, quasi il doppio rispetto all’anno precedente. Anche l’impatto economico non è da sottovalutare: il costo delle catastrofi, a livello mondiale, si attesta intorno ai 3 mila miliardi di dollari tra il 2009 e il 2019. Era di circa 1.200 miliardi di dollari nel decennio precedente. Purtroppo, le aziende italiane risultano molto meno assicurate rispetto alle controparti straniere (solo il 2% ha una copertura assicurativa su rischi ambientali, con un 15% di imprese collocate in zone a rischio) e, soprattutto, hanno una attitudine alla gestione del danno a posteriori. Proprio sulla prevenzione occorre fare un percorso culturale in tutti i settori: privato, pubblico e industriale”.
Il nostro paese presenta difatti una situazione di sottoassicurazione strutturale su più fronti, con una media di 1 polizza e mezza a testa, di cui una obbligatoria (quella sull’auto). Se escludiamo la RCA, paghiamo premi medi pro-capite sui danni pari a 272 euro: 1/3 rispetto ai francesi, 1/12 rispetto agli olandesi e ¼ rispetto a tedeschi e inglesi.
“Occorre cambiare radicalmente l’approccio, iniziando con il “prevenire a monte”, piuttosto che “coprire a valle” – segnala Roberta Marracino. “Una migliore prevenzione significa anche un risparmio sui costi, un vantaggio economico che può essere sfruttato dalle Compagnie per investire ulteriormente in strumenti di prevenzione e garantire una corretta mutualità. Fare innovazione, per me – conclude la top manager di Zurich – non può prescindere da un cambio di mentalità che può essere supportato e agevolato anche dalla tecnologia e dalla componente di servizio con le quali le Compagnie potranno affiancare il cliente, rendendolo più consapevole del rischio e delle modalità con cui mitigarlo.”
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