Recentemente Cineas ha definito un accordo di collaborazione con l’Italian Insurtech Association (IIA). Siamo andati a conoscere meglio Gerardo Di Francesco, per approfondire di cosa si occupa l’associazione, o meglio la community come si preferisce definirla.

Gerardo Di Francesco, Fondatore di Italian Insurtech Association

“La nostra community è molto ampia e variegata, ne fanno parte riassicuratori, assicuratori, banche, consulting firm, società di loss adjusting, distributori nonché società tecnologiche. Il suo scopo è quello di accelerare il processo di trasformazione digitale dell’industria assicurativa” ci ha spiegato iniziando la nostra intervista.

Questa trasformazione è guidata dal consumatore digitale. Lo abbiamo visto nel 2000 nel settore delle vendite con Amazon e Yoox, nel 2002 l’ambito dei viaggi ha visto l’ingresso di con Booking.com, Expedia ed Airbnb; per quanto riguarda i trasporti e la mobilità, nel 2006, ha fatto il suo ingresso Uber; più recentemente nell’intrattenimento con Netflix, Amazon Prime, Disney+. Senza dimenticare le società di telecomunicazioni, dove non sono più i grossi gruppi editoriali a farla da padrone: oggi abbiamo Google, Whatsapp e Facebook. Lo abbiamo visto anche nell’area bancaria con Revolut”.

Seguendo le riflessioni di Di Francesco – che oltre a essere il fondatore di IIA è anche Managing Partner del broker Wide Group Spa – se il 50% dei clienti delle digital insurance company – come ad esempio Lemonade – sono clienti che non sono mai stati assicurati, si apre uno scenario di possibile ampliamento del mercato. Tuttavia bisogna osservare che il consumatore digitale nasce come non assicurato e tende ad assicurarsi tramite nuovi canali che magari gli sono più vicini e familiari rispetto a quelli dell’assicurazione tradizionale.

Nel mondo il settore assicurativo si presenta come molto strutturato: 350.000 persone impiegate, 120 miliardi di fatturato annuo, 750 miliardi di investimenti di cui la metà in titoli di stato. “È evidente che si tratti di un’industria strategica. L’applicazione di nuove tecnologie come machine learning, big data, blockchain hanno rilevanti potenzialità di applicazione soprattutto sulla componente claims, amministrativa e underwriting.

Sulla parte di underwriting c’è il tema dei big data. Oggi, ad esempio, l’utilizzo di informazioni space driven è molto più semplice. Pensiamo all’IOT presente nelle abitazioni delle persone o nelle industrie 4.0, l’IOT abilita nuovi modelli sottoscrittivi, permettendo agli underwriter, che sono una parte fondamentale della filiera, di svolgere il loro ruolo in maniera più efficace.

Un altro tema sono i nuovi rischi. Pensiamo al fatto che mandiamo robot su Marte, che i satelliti iniziano a comunicare tra loro con tecnologie quantistiche; anche queste innovazioni dovranno essere assicurate.

Quello che IIA fa in collaborazione con gli altri attori del mercato è porre le basi per farci trovare pronti al prossimo ciclo di evoluzione digitale grazie alla condivisione di best practices, analizzando quello che si sta facendo all’estero, favorendo lo scambio di conoscenze e instaurando un dialogo a livello istituzionale con l’obiettivo di trovare un paradigma costruttivo”.

Recentemente si è unito alla community di IIA anche Cineas: “Certamente, diamo molta importanza agli stakeholder interessati alla formazione come Cineas, che per noi rappresenta un partner di primo piano per rivolgerci alle colleghe e ai colleghi del settore assicurativo che hanno un interesse nell’evoluzione digitale” ha commentato Di Francesco.

Questa partnership per il Consorzio si colloca nell’ottica dell’attenzione all’innovazione con la quale Cineas sta guardando sia alle tematiche dei propri percorsi formativi che alle modalità didattiche. Attraverso la collaborazione con IIA il Consorzio si propone di aggiungere una componente esperienziale e innovativa anche alla propria squadra di docenti nonché di seguire l’evoluzione dei rischi. La partita della digitalizzazione si gioca, infatti, sulle competenze. Se si costruiscono competenze digitali sarà possibile guidare questa trasformazione. Senza competenze, invece, il rischio è di ripiegarsi nel timore che le macchine tolgano lavoro all’uomo.