Dott. Roberto Giuseppe Agosti

di Roberto Giuseppe Agosti, Coordinatore del Corso di alta formazione in Hospital Risk Management.

L’insorgenza della pandemia da virus Sars-coV-2 ha messo a dura prova i sistemi sanitari di tutto il mondo, venendo etichettata come una forma di crisi senza precedenti da parte della maggioranza dei paesi occidentali anche se situazioni simili si erano già manifestate in passato, seppur con intensità molto inferiore.

Di fronte all’esordio di una epidemia locale, molti paesi asiatici hanno mostrato una gestione puntuale e tempestiva che ha consentito un significativo contenimento della diffusione del virus e delle sue conseguenze letali. Sebbene l’epidemia si sia diffusa successivamente in occidente, i governi occidentali hanno avuto qualche difficoltà nella gestione della crisi dimostrando un grado di preparazione inferiore.

L’esperienza accumulata nel corso degli anni nella gestione di numerose crisi di differente natura, suggerisce di adottare i seguenti cinque principi generali:

  • 1) coinvolgere tutti gli esperti per inquadrare la crisi in modo corretto, identificare i pattern di sviluppo, proteggere tutte le categorie a maggior rischio, evitare comunicazioni ingenue;
  • 2) studiare la crisi per comprenderla sapendo che come ne usciremo sarà diverso da come vi siamo entrati, bilanciare la comunicazione tra realismo e speranza evitando comunicazioni troppo crude e false promesse, garantendo la massima trasparenza;
  • 3) spiegare le decisioni per evitare contraccolpi sociali, politici ed economici evidenziando come e perché funzioneranno e come si inseriscono in un piano a lungo termine, garantendo che un gruppo di esperti si sta occupando del dopo crisi;
  • 4) ottenere dati attendibili e agire di conseguenza utilizzando una riserva di risorse critiche da impiegare laddove è più necessario ed urgente;
  • 5) apprendere e adattare le decisioni sulla base delle nuove informazioni dimostrando senso di responsabilità, nella consapevolezza che gli errori sono inevitabili e che, di fronte a una crisi di sistema, non possono essere attribuiti a singoli soggetti, essendo molto cauti nel dichiarare che la crisi è terminata.

La comunità scientifica internazionale ha evidenziato alcune criticità nell’iniziale gestione italiana della crisi in analogia a quanto dimostrato dagli altri paesi occidentali. La precoce sottovalutazione della gravità della pandemia ha comportato l’adozione di successive misure incrementali di restrizione che hanno generato l’impressione di un inseguimento del virus piuttosto che di un suo efficace contrasto complessivo. A tali decisioni improntate alla prudenza si sono associati differenti approcci regionali basati sulla struttura federalista del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che hanno generato scenari disomogenei soprattutto nel nord del paese dove il contagio è stato maggiore. In tali aree la diffusione del virus è stata facilitata dall’elevata densità della popolazione e dal rilevante numero dei contagi iniziali che ha causato uno straordinario impatto sulle strutture ospedaliere. La disponibilità di dati omogenei sull’evoluzione della pandemia ha consentito un successivo approccio più generale con l’adozione di misure restrittive specifiche per ogni regione.

La crisi del sistema ha evidenziato il delicato rapporto fra gli esperti e i decisori politici, come già accaduto in passato durante altri tipi di crisi come quella finanziaria del 2006 legata ai subprime. Occorre ricordare che tutti i professionisti del SSN hanno dimostrato una straordinaria capacità di reazione e uno spirito di abnegazione senza precedenti, accanto al prezioso contributo delle associazioni di volontariato e delle istituzioni pubbliche. I cinque principi sopra riportati per la gestione efficace di una crisi di sistema si riferiscono alla caratteristica più generale della resilienza, che consiste nella capacità di una organizzazione (o di una persona) di conservare la propria integrità e il proprio scopo fondamentale di fronte a una drastica modificazione delle circostanze.

La resilienza dimostrata per la gestione della crisi pandemica ha trovato un’applicazione parziale per quanto riguarda la diagnosi e la cura dei pazienti affetti da malattie non correlate all’epidemia: il virus ha colpito indirettamente anche i soggetti non infettati. L’arrivo dei vaccini anti-COVID ha significativamente modificato il quadro generale. Occorre qui ricordare che le industrie delle biotecnologie hanno saputo riallestire le proprie linee di ricerca e sviluppo per sintetizzare un vaccino efficace in tempi rapidissimi senza precedenti. Se da un lato la globalizzazione ha contribuito alla veloce diffusione dei contagi è pur vero che la tempestività nella condivisione delle informazioni sul virus avvenuta fra scienziati e ricercatori dell’intero pianeta ha abbreviato i tempi per realizzare i vaccini. Anche in questo caso, i diversi paesi occidentali si sono mossi in ordine sparso elaborando piani vaccinali differenti in assenza di convincenti evidenze scientifiche mentre le autorizzazioni della European Medicines Agency (EMA) sono state successivamente approvate dalle diverse agenzie nazionali con inutili ritardi.

È auspicabile che in futuro le autorizzazioni europee trovino immediata applicazione in tutti gli stati membri riservando alle agenzie nazionali il ruolo della farmacovigilanza e di eventuali misure restrittive qualora necessario. Con il passare dei mesi e con l’assegnazione di ingenti risorse economiche europee, i governi nazionali hanno elaborato piani di investimento e riforme in accordo con quanto previsto dal Next Generation EU (NGEU). Il paragrafo Missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) conferma il valore universale della salute, la sua natura di bene pubblico fondamentale e la rilevanza macro-economica dei servizi sanitari pubblici. Accanto ai temi dell’innovazione, ricerca e digitalizzazione del SSN (M6C2), il PNRR preannuncia lo sviluppo di reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale (M6C1). Il piano prevede l’attivazione di 1.288 Case della Comunità entro la metà del 2026 per l’erogazione delle cure domiciliari con l’impiego delle nuove tecnologie (come la telemedicina, la domotica, la digitalizzazione) e l’attivazione di 602 Centrali Operative Territoriali (COT), una in ogni distretto, con la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza. Si prevede, inoltre, il potenziamento dell’offerta dell’assistenza intermedia al livello territoriale attraverso l’attivazione di 381 Ospedali di Comunità, strutture sanitarie della rete territoriale a ricovero breve e destinate a pazienti che necessitano di interventi sanitari a media/bassa intensità clinica e per degenze di breve durata.

Tali iniziative costituiscono una sostanziale riforma del SSN stesso che reca con sé nuovi rischi e sfide per garantire la sicurezza delle cure e il diritto alla salute. Il PNRR intende destinare buona parte delle risorse allo sviluppo di competenze tecnico-professionali, digitali e manageriali del personale. In quest’ottica si colloca il Corso di Alta Formazione in Hospital Risk Management di CINEAS, realizzato in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna, giunto alla XIX edizione. Il corso contribuisce alla qualificazione dei professionisti che operano nell’ambito del risk management, della qualità e sicurezza delle cure nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private, come previsto dalla Legge 24/2017.